Negli ultimi anni il concetto di impresa è cambiato: non basta più crescere, aumentare il fatturato o conquistare nuovi mercati. Consumatori, investitori e talenti chiedono trasparenza, responsabilità e un impatto concreto sulla società. Oggi un’azienda non può più limitarsi al profitto: deve confrontarsi con temi come sostenibilità, inclusione e diritti civili. Farlo, però, non è semplice.
Secondo il Global CSR Report 2023, il 62% delle aziende con politiche sociali attive dichiara difficoltà nel misurare l’impatto reale, e molte ammettono che i programmi di Diversity & Inclusion si sono rivelati più di facciata che realmente strutturali. Negli Stati Uniti, ad esempio, nuove politiche federali hanno rallentato iniziative di inclusione avviate da grandi multinazionali, dimostrando quanto il contesto politico possa modificare rapidamente lo scenario in cui le imprese operano.
Etica e impresa: un equilibrio complesso
Costruire un’impresa etica richiede scelte concrete, spesso scomode: selezionare fornitori responsabili, garantire trasparenza nei report ambientali, applicare politiche di equità salariale e formare i dipendenti sui temi della diversità. Non si tratta di semplici mosse d’immagine: queste decisioni incidono sui costi, sulla gestione quotidiana e sulle strategie di lungo periodo.
I dati mostrano che le aziende che adottano approcci etici strutturati registrano una maggiore retention dei talenti e livelli più alti di engagement interno. Tuttavia, non si tratta di un beneficio automatico: la vera differenza la fa la coerenza tra valori dichiarati e pratiche effettive. Quando le politiche rimangono operazioni di marketing fine a sé stesso, l’effetto positivo svanisce.
Attivismo aziendale: rischi e opportunità
Integrare un approccio attivista in azienda non significa limitarsi a sostenere cause popolari o a fare marketing “socialmente responsabile”. Vuol dire prendere posizione su temi che impattano la società e il mondo del lavoro: dal cambiamento climatico, ai diritti civili, fino all’inclusione sociale.
Questa scelta può generare conflitti interni, resistenze culturali o pressioni dal mercato, ma rappresenta anche un’opportunità: stimolare l’innovazione, attrarre talenti motivati dai valori e costruire un’identità aziendale forte e distintiva. La vera sfida, oggi, è rendere l’attivismo sostenibile: non campagne occasionali, ma interventi integrati all’interno dei processi decisionali, delle politiche HR e delle strategie di business.
Diversity & Inclusion: tra trend e realtà
Il tema D&I è emblematico nel mostrare quanto sia complesso coniugare valori e contesto globale. Molte aziende hanno investito in programmi ambiziosi nell’ultimo decennio, ma cambiamenti normativi o culturali in Paesi chiave hanno rallentato — o persino fatto regredire — alcuni progressi.
Tutto ciò mette in evidenza un punto cruciale: le politiche inclusive non possono dipendere da mode o pressioni esterne, ma devono radicarsi nella cultura interna. Per funzionare, servono misure concrete, monitoraggio costante e un reale impegno nel lungo periodo.
Fare impresa oggi significa riconoscere che business e impatto sociale non sono separati. Implica affrontare scelte complesse, correre il rischio di conflitti o resistenze, ma anche costruire organizzazioni più resilienti, con la capacità di attrarre talenti e generare un cambiamento reale nella società.
👉 Guarda l’intervista completa a Pietro Mensi, co-founder di Futurevox, con cui abbiamo parlato di come imprenditoria e attivismo possono trasformare i valori in azioni concrete.